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Le Voci Di Dentro: Surriscaldamento globale: troppo pericoloso oscurare il Sole

By Girolamo Castaldo 8 October 2023


Nel suo rapporto, la Climate Overshoot Commission mette in guardia contro i rischi dell’utilizzo della Solar Radiation Modification contro il surriscaldamento globale

Per evitare impatti catastrofici sul nostro bel pianeta, l’Accordo di Parigi del 2015, firmato e ratificato dalla stragrande maggioranza delle nazioni, stabilisce l’impegno a contenere l’aumento delle temperature medie ben al di sotto dei 2 gradi in più rispetto al periodo pre-industriale.

Preferibilmente tale aumento non dovrebbe superare gli 1,5 gradi, il che richiederebbe una riduzione delle emissioni di gas serra di circa il 50% (in seguito fissato al 43% dall’IPCC) entro il 2030.

A sette anni dalla scadenza dei termini, la situazione non è per niente rassicurante: l’incremento medio delle temperature è già di 1,2 gradi e gli effetti negativi sono ampiamente visibili, sotto forma di aumento dell’intensità, frequenza e durata di devastanti ondate di calore, siccità e temporali.

Ma il dato peggiore è che le emissioni di anidride carbonica, metano e altri gas serra non sono affatto in diminuzione, anzi sono addirittura aumentate, stando alle dichiarazioni dell’ex direttore generale del WTO Pascal Lamy.

Di cosa parleremo

Un’altra possibilità per la Solar Radiation Modification?

Il fallimento nella riduzione delle emissioni di gas serra ha riportato in voga rimedi alternativi al surriscaldamento globale, in particolare la cosiddetta Solar Radiation Modification (SRM), largamente abbandonata un decennio fa in quanto ritenuta inutilmente rischiosa.

Sotto il cappello dell’SRM si raggruppano diverse tecniche che si pongono l’obbiettivo di riflettere una parte della luce solare, come la Marine Cloud Brightening (MCB), con la quale si punta ad “arricchire” le nuvole con sali marini per renderle più luminose e riflettenti. Non mancano nemmeno sistemi più avveniristici, come quello che propone di piazzare specchi giganti nello spazio.

Ma la tecnica più promettente sembra essere quella denominata Stratospheric Aerosol Injection (SAI), che consiste nell’iniettare aerosol, in particolare particelle di zolfo, nella stratosfera terrestre (cioè, a circa 50km d’altezza).

L’efficacia della SAI è stata dimostrata dalla natura stessa, con l’eruzione del 1991 del Pinatubo, nelle Filippine: le tonnellate di polvere e detriti ad alto contenuto sulfureo emesse nell’atmosfera hanno provocato l’abbassamento delle temperature per circa un anno, in particolare nell’emisfero boreale.

È appena arrivata, però, la doccia fredda da parte della Climate Overshoot Commission, presieduta dallo stesso Lamy, come riporta Marlowe Hood su ScienceAlert.

Le raccomandazioni della Climate Overshoot Commission

La commissione, che deve il suo nome all’alta probabilità di superare (“overshoot”, in inglese) il limite degli 1,5 gradi, è composta da 13 ex capi di stato e ministri provenienti da Pakistan, Canada, Nigeria, Indonesia e Kiribati (uno stato insulare dell’Oceania), oltre ad accademici di primo piano e dirigenti di organizzazioni internazionali.

In un rapporto appena pubblicato, la commissione ribadisce la necessità di ridurre quanto prima le emissioni di gas serra, oltre a potenziare le tecnologie atte a “prosciugare” la CO2 dai processi industriali ed energetici e a rimuoverla direttamente dall’atmosfera.

Cattive notizie, invece, per i sostenitori delle tecniche SRM: nel rapporto si chiede, infatti, una moratoria per il loro utilizzo, sebbene se ne incoraggino la ricerca e sperimentazione, anche se solo sotto supervisione internazionale e in giurisdizioni con robuste misure di sicurezza ambientale.

Il motivo è che ci sono sempre più prove che tali tecniche, anche in caso di successo, presentano pesanti effetti collaterali. In particolare, è probabile che vengano impattate le piogge monsoniche in Asia del sud e Africa occidentale, con seri rischi per i raccolti che provvedono a sfamare centinaia di milioni di persone.

Da non sottovalutare, inoltre, le possibili ripercussioni sul risanamento della fascia dell’ozono (che protegge la vita sulla Terra dalla letale radiazione ultravioletta) e il cosiddetto “termination shock”, cioè il rapido innalzamento delle temperature qualora la SAI o altre tecniche SRM venissero bruscamente interrotte.

Insomma, invece di prendere tempo con tecniche ancora rischiose e non completamente padroneggiate, è il caso di rimboccarsi subito le maniche, come suggerisce Lamy, e impegnarsi per il raggiungimento degli obbiettivi prefissati dagli Accordi di Parigi.

(Originariamente pubblicato su Storie Semplici)


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